(placeholder)
(placeholder)
(placeholder)
(placeholder)

ATTIVITÀ CLINICA

ESPRESSIONE

Espressione è pensato e realizzato conl'obiettivo di accogliere qualunque domanda d'intervento relativa al disagio psichico in termini di diagnosi e percorso psicologico (individuale, familiare e di gruppo).

La competenza e l'ascolto del professionista rispondono alla singolarità e unicità dell'espressione della sofferenza psichica a partire dalla sua manifestazione sintomatica.

(placeholder)

CONTATTI

ESPRESSIONE

CENTRO CLINICO DI PSICOTERAPIA PSICOANALITICA

Via Eduardo Suarez, 10

80129 - Napoli

info@centroclinicoespressione.it

+390817901142

+393738058805

ANSIA E ATTACCHI DI PANICO

Attualmente si assiste ad una crescente diffusione degli attacchi di panico e delle “crisi d'ansia”. L'individuo si percepisce debole in un assetto sociale contemporaneo che non lascia spazio all'ascolto e all'espressione della soggettività, bensì privilegia comportamenti di massa, agiti e non mentalizzati. Ecco che il corpo diventa protagonista e agisce al posto di parole incistate perché non lette adeguatamente.

La perdita del controllo, “la fame d'aria”, la tachicardia, il senso di soffocamento, i tremori, la depersonalizzazione (il sentirsi staccati da se stessi), la sensazione di irrealtà (non sapere dove si è o cosa si stava facendo) sono alcune delle manifestazioni di un'angoscia che non ha ancora trovato il giusto posto per essere comunicata.  Essa, intesa come un affetto che non inganna su ciò che vi è di reale nel luogo dell'Altro, è il segnale di un godimento che precede il desiderio ed è logicamente necessaria alla sua costituzione. Ecco che l'analista si propone di creare condizioni tali da liberare tale affetto, dando al paziente la possibilità di metterlo in parola. Intendendo l'angoscia quale operatore che produce l'oggetto causa del desiderio, l'analista fa in modo che essa possa manifestarsi attraverso uno spazio in cui il soggetto può sentirsi libero di raccontarsi e di esprimere la sua sofferenza psichica.

Si lavora su quel reale che fa emergere il panico, quel reale che non lascia spazio ad alcuna parvenza simbolica e che connota d'urgenza l'attacco. L'urgenza non deve essere il punto di arrivo ma un preliminare su cui soffermarsi per iniziare un percorso che demarchi e confini la mancanza di significazione che irrompe in modo improvviso destabilizzando il soggetto.


DEPRESSIONE E DISTURBI DELL'UMORE

Disturbi dell’Umore consistono in varie entità nosografiche il cui quadro clinico è caratterizzato da variazioni anomale del tono dell’umore sia sul versante depressivo che maniacale. Negli ultimi tempi crescente è la richiesta di aiuto psicologico per la depressione che, lungi dall’essere un’etichetta diagnostica di uso superficiale e comune, ha invece a che fare con un ampio ventaglio di fenomeni clinici la cui corretta diagnosi consente di orientarsi nella direzione della cura.

La società contemporanea, attraverso la cultura mediatica e la variegata offerta del mercato,  propone modelli prêt-à-porter di identificazione, interscambiabili e rapidamente mutevoli. Ciò si traduce in una fragilizzazione dell’io che porta l’individuo a porsi domande sulla propria immagine, sul “come sono”, “come posso essere”, “come devo essere”. Da qui un senso di sofferenza, di inerzia, di apatia e indifferenza; un effetto di vuoto legato a una perdita o a un rifiuto. Talvolta si è in grado di definire il tempo di insorgenza di tale stato ma non si riesce a coglierne la causa. Questo perché, come diceva Freud, l’oggetto della perdita è inconscio e, come ha aggiunto Lacan, questo non sapere riguarda la mancanza a essere ovvero l’essere soggettivo come ciò che manca all’Altro. La mancanza segna il rapporto del soggetto con il desiderio e la serie infinita degli oggetti del consumismo non serve a colmarla; al contrario produce una sregolazione affettiva e una frammentazione identitaria di cui il soggetto sperimenta gli effetti in termini di tristezza, di svuotamento, di caduta.

Nella clinica delle depressioni, l’analista lavora sull’opacità della perdita soggettiva, decifrando cosa è perduto, riattivando il desiderio affinché non sia spento dalla precarietà di oggetti e situazioni del mondo contemporaneo. Egli consente di soggettivare il sentimento di dolore, di restituire all’esperienza della perdita la propria particolarità, in contrapposizione al tentativo della persona di “cancellarla” o “adattarvisi” compromettendo il vivere quotidiano. Sostiene la persona a non abbandonarsi alla passività, ad aprirsi nuovamente al legame sociale, a capire, scegliere e credere in ciò che determina il proprio benessere.


DISTURBI PSICOSOMATICI

I Disturbi Psicosomatici sono caratterizzati da sintomi fisici senza base organica, che possono colpire gli apparati cardiovascolare, respiratorio, gastrointestinale, endocrino, nervoso o manifestarsi con fenomeni dermatologici. Eventi traumatici (lutti, separazioni, incidenti) possono determinare l’insorgenza di tali disturbi la cui origine è psichica, con un dolore che ristagna nel corpo.

Come dice Lacan, l’uomo è captato dall’immagine del suo corpo, immagine grazie alla quale definisce l’ambiente circostante: nello stadio dello specchio l’incontro con il desiderio dell’Altro struttura il corpo nel registro simbolico, causando una perdita di godimento. Quando il desiderio dell’Altro non viene messo in questione o viene evitato, allora sarà il corpo stesso a diventare Altro, pieno godimento che sfugge ad una presa di senso. L’individuo non sa cosa accade nel suo corpo, il fenomeno psicosomatico è ai limiti del linguaggio, è tratto che segna il corpo di un marchio pulsionale non articolato con il desiderio, fuori da ogni referenzialità e catena discorsiva. È un tratto scritto sul corpo, che si manifesta in maniera enigmatica, senza che la persona ne abbia il controllo.

Il corpo diventa estraneo a se stesso, si lascia segnare da qualcosa che apparentemente è intraducibile, che non riesce a trovare altro modo di esprimersi, si crea un cortocircuito per il quale la sofferenza psicologica e quella organica diventano indistinguibili, in un meccanismo di reciprocità tra causa ed effetto. I professionisti di ESPRESSIONE offrono uno spazio di ascolto che, gradualmente, aiuti la persona a trovare altre modalità di esprimersi, a dare voce alla sofferenza facendola passare per la parola. Se il fenomeno psicosomatico è ai limiti del linguaggio, è necessario lavorare per entrare nel linguaggio, per passare da un significante scritto nel corpo ai significanti di una catena discorsiva. A partire dalla storia del soggetto, si tratta di capire cosa si è fissato, cosa è rimasto bloccato e si riversa nel corpo. Si deve articolare una dialettica tra bisogno e desiderio affinché ci sia domanda, ci si rivolga all’ Altro.


DIPENDENZE

La società consumistica contemporanea spinge l'uomo al richiamo insistente di un godimento continuo e fine a se stesso. Le dipendenze rappresentano chiaramente l'altra faccia di una società che propone facili e precari modelli, con cui si identificano non solo adulti ma anche giovani e adolescenti. In altri termini, esse rappresentano la caduta della metafora paterna e l'emergenza del reale che si impone con la spinta dell'urgente cioè di qualcosa che deve essere subito soddisfatto, quindi impossibile ad essere rimandato.

La clinica delle dipendenze rileva la difficoltà del soggetto a separarsi dall'ideale di essere oggetto del godimento dell'Altro: il suo riferimento non è più il conflitto fra desiderio inconscio ed esigenze dell'Altro, bensì l'angoscia, che costituisce la sola erotizzazione che gli resta. J.A. Miller definisce “antiamore” la posizione del soggetto dipendente in rapporto all'Altro: invece di cercare l'oggetto attraverso l'amore verso l'Altro, egli rompe il legame sociale con l'Altro attraverso l'oggetto (es. droga). L'oggetto d'amore non è collocato nel campo dell'Altro ma ricade narcisisticamente nel corpo del soggetto. Si tratta di un meccanismo fuori dialettica, che non si evolve, che non ha  temporalità, che ripete infinitamente lo stesso schema confinando in un isolamento progressivo il soggetto.

Ecco che un progetto terapeutico si configura come la possibilità di reintrodurre il valore della parola e la capacità di rimandare la soddisfazione immediata del bisogno. Si tratta di elaborare una perdita, quella dell'oggetto idealizzato. Ciò appare in controtendenza con gli standard istituzionali, che puntano alla generalizzazione e alla classificazione del sintomo in rapporto all'oggetto della dipendenza e non al processo dinamico che sostiene il rapporto con quel determinato oggetto, causando la scomparsa del soggetto dietro al fenomeno. La clinica psicoanalitica va oltre perché ascolta la sofferenza del soggetto, cerca di liberare l'angoscia attraverso la parola, analizza il legame tra il soggetto e l'Altro; legame unico e particolare per ciascuno perché, benché l'oggetto della dipendenza possa essere comune in quanto medesimo, esso invece è espressione del fantasma del singolo.


DISTURBI DEL LINGUAGGIO

I Disturbi del Linguaggio sono importanti per la loro frequenza come causa di consultazione e per il loro significato. Lo studio di tali alterazioni, infatti, presuppone una conoscenza delle tappe evolutive standard del linguaggio, nella dimensione neurofisiologica (apparato uditivo, integrità cerebrale), strutturale (psicosi, autismo) e psicoaffettiva. In merito a quest'ultimo aspetto, è fondamentale capire il rapporto tra il soggetto o, meglio, il bambino e il suo ambiente, dal momento che  queste alterazioni insorgono, nella maggioranza dei casi, nella prima infanzia.

La parola mette in contatto gli esseri umani attraverso la comunicazione linguistica verbale e non verbale ma si può constatare che si parla a partire da un minimo di identità acquisite da tutti. Perché abbia un significato, essa deve innanzitutto prendere corpo, essere metabolizzata in un'immagine corporea intesa come traccia strutturale della storia emozionale e relazionale dell'individuo. Ecco dunque che Lacan parla di inconscio strutturato come un linguaggio: le sue formazioni sono di carattere retorico-linguistico e la sua azione è capace di produrre significazioni, effetti di senso. La parola racchiude in sè un significato simbolico che le è proprio, un'alterazione costituisce quindi una faglia nel processo di formazione metonimica del simbolico. I legami metonimici non circolano nel linguaggio se non si creano nuove associazioni linguistiche che diano loro spazio. Quando ciò non avviene o avviene parzialmente, vuol dire che da qualche parte il soggetto sta manifestando una difficoltà nella comunicazione e nella relazione con l'Altro. Il lavoro dell'analista è dunque rivolto a far emergere il discorso del bambino, a sostenerlo nel superare la prova che la resistenza impedisce, dargli la possibilità di dire il non detto attraverso l'ascolto e la ripetizione di ciò che è stato raccolto. Come insegna F. Dolto, bisogna rivolgere al bambino una parola vera, rispettare l'altro quanto se stessi, rispettare il bambino che non vuol parlare o è triste; è rispettarlo, cercando il senso del suo mutismo o delle sue difficoltà. Egli è interamente linguaggio nel suo essere, comprende tutto ciò che diciamo. L'analista, inoltre, sostiene il discorso dei genitori affinché il dato familiare divenga una costruzione dei riferimenti identificatori in funzione dei quali si organizzano posizioni e funzioni di adulti e bambini, di madri, padri e figli.


DISTURBI SPECIFICI DELL'APPRENDIMENTO (DSA)

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento fanno riferimento a un gruppo eterogeneo di disordini che si manifestano con difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di espressioni linguistiche, di lettura, di scrittura, di logica o calcolo. Essi sono di frequente segnalati dai docenti e, talvolta, dai genitori preoccupati per lo scarso rendimento, l’insuccesso scolastico e/o le condotte disadattive del figlio.

Il primo passo compiuto dalle istituzioni di cura è l’esame delle capacità fisiche (Q.I., deficit sensoriale parziale, insufficienza mentale grave su base organica) anche se, nella maggior parte dei casi, giungono a consultazione bambini normodotati le cui difficoltà scolastiche e di apprendimento fanno riferimento ad altro. Pertanto, di fronte al disadattamento scolastico bisogna prendere in considerazione tre partner: il bambino, la famiglia e la scuola. Spesso la richiesta dei genitori è che ci si occupi del figlio per “eliminare il sintomo” che compromette l’immagine di studente, lo espone a situazioni frustranti con gli insegnanti e i pari, esaspera la difficoltà di aderire al modello ideale che l’Altro esige. Il sintomo, piuttosto, rappresenta il tentativo di compromesso rispetto a ciò che vacilla nel mondo simbolico delle sue relazioni e non in uno sviluppo considerato “problematico” o “deviante”. L’analista per prima cosa ascolta il bambino, chiedendogli se e in che cosa vuole essere aiutato, cerca di capire il posto occupato dal suo disagio nella relazione con l’Altro scolastico, con l’Altro familiare. Al contempo, sostiene i genitori a passare da una domanda sul valore del sintomo del figlio alla significazione soggettiva della domanda.  “La scuola è fatta perché il bambino abbia fiducia, anche quando ha fatto male un compito o ha combinato una sciocchezza. Più si aiuterà un bambino a superare le sue difficoltà, più si sarà fatta opera di professore, di educatore”. Questo è l’insegnamento che F. Dolto trasmette a genitori, educatori e insegnanti. Nella difficoltà del bambino con la scuola e della scuola con il bambino, nella cornice della storia familiare, l’analista è il terzo che, a partire dal sintomo, inizia un discorso che aiuti i tre partner, nella loro relazione, a decodificare e superare le difficoltà.


DISTURBO DA DEFICIT DELL'ATTENZIONE/IPERATTIVITÀ (ADHD)

indica il Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività, caratterizzato da difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività. Gli adulti, spesso gli insegnanti ma talvolta gli stessi genitori, parlano del bambino iperattivo come un bambino agitato, irrequieto, che “non sta mai fermo”, dallo scarso rendimento scolastico a causa delle sue difficoltà di attenzione e concentrazione a scuola e nel fare i compiti a casa.

In alcuni casi, i genitori notano delle differenze nel comportamento del bambino tra casa e scuola, come se questi si muovesse lungo un continuum caratterizzato da gradazioni, frequenza e intensità dell’attività motoria cambiano. Ma se è il corpo a parlare, investito di eccessive tensioni, allora qualcosa difetta, coscientemente o inconsciamente, nella comunicazione mimica e verbalizzata con l’adulto. Lavorare con questi bambini significa rintracciare l’aspetto simbolico della necessità pulsionale di “fare” che, sul versante attivo, si manifesta nel continuo movimento, mentre in quello passivo si manifesta nel “non fare scolastico”, in quella disattenzione o scarsa concentrazione che è il “non prendere/ap-prendere” ciò che viene insegnato, dato, dal contesto sociale rappresentato dalla scuola. Lavorare con questi bambini significa lavorare anche con i genitori, accogliere le loro reazioni di rabbia o frustrazione, mediare nuove modalità di comunicazione e scambio con i figli.


AUTISMO

L'autismo rappresenta il disagio della contemporaneità per eccellenza, patologia sempre più diffusa rispetto alla quale non si risparmiano dibattiti e controversie sull'eziologia nonchè sulle modalità di approccio. Ciò si traduce, a livello teorico, nell'etichetta cognitivista “disturbo della comunicazione e della socializzazione”; a livello pratico, nella dispersione di svariati sostegni (logopedia, psicomotricità, tecniche riabilitative), protocolli e certificazioni. Conseguono un mancato riconoscimento della posizione del soggetto nonchè lunghe e dispendiose peregrinazioni.

Ciò che caratterizza l'autismo è una mancanza di aggancio simbolico all'Altro: il soggetto autistico è chiuso in un mondo proprio, diffidente verso l'ambiente esterno, nel tentativo vitale di bastare a se stesso, difendendosi dall'Altro sede dell'alienazione. Dunque ecolalie, comportamenti stereotipati, ripetizioni sono modalità di maneggiamento minimale del simbolico perché, nonostante cerchi difensivamente di separarsi dall'Altro, egli non ne può fare a meno.

Penetrare questa corazza difensiva che appare imperscrutabile ed enigmatica non è impossibile ma certamente non lo si può fare attraverso metodi pseudoeducativi la cui rigidità non fa altro che relegare il soggetto in una posizione d'oggetto. La comunicazione delle persone autistiche è deposta in tracce sulla carta, in gesti, in manipolazione di oggetti, in un linguaggio quasi preverbale: è necessario offrire loro un ascolto, anche tramite una presenza silente; dedicare uno spazio e un tempo che gradualmente diverranno un posto soggettivo; creare un campo di espressione che significhi, per l'analista, ciò che percepisce del loro mondo il più esattamente possibile.

Questo è il modello operativo di ESPRESSIONE. L'analista lavora a favore di una dialettica sostenuta artificialmente, che consenta un'apertura del soggetto al legame sociale; si pone in posizione di terzo, per uscire fuori dalla dualità persecutoria implicata dalla presenza dell'Altro; attraverso il gioco fa sì che la parola, nella sua valenza di reale traumatico, diventi meno pericolosa, sostenga l'enunciazione e avvicini il soggetto al codice dell'Altro. In tal modo, quelli che sono comunemente considerati i “tratti tipici” dell'autismo diverranno, per il soggetto, qualcosa che lo rappresenti e, per le persone del suo ambiente, non un'etichetta diagnostica ma una particolare modalità di espressione soggettiva con cui potersi e sapersi relazionare.


DISABILITÀ

Il corpo, luogo di giuntura tra il soggetto e l'Io, ci riguarda in quanto sostanza materiale – e lo sappiamo bene in salute o in malattia – ma ci sfugge in quanto memoria inconscia dei vissuti che caratterizzano la relazione con l'altro, di cui si anima la dinamica narcisistica e identitaria. Tale dinamica può essere lesionata in una persona affetta da una qualunque disabilità fisica, un'immagine del corpo non integra implica una ferita che può causare sofferenza al soggetto rispetto alla rappresentazione che ha di sé, alla relazione con l'altro, all'inserimento sociale.

Può diventare, dunque, più rassicurante il ripiegamento su se stessi perché mette al riparo il soggetto dalle dinamiche di desiderio – e dai rischi che ne conseguono – in rapporto all'Altro. Questo, però, costituisce un pericolo per la persona che continua a soffrire, addormentandosi alle pulsioni di vita e fissandosi in un'esistenza ripetitiva, in cui sono centrali i limiti del corpo e le preoccupazioni che ne derivano. Lavorare con la disabilità significa sostenere la persona nella simbolizzazione del proprio vissuto di ferita narcisistica causata dal danno fisico, per poter fare del limite una risorsa.


SOSTEGNO ALLA GENITORIALITÀ

In un clima di trasformazione psicosociale, la famiglia vive nuove situazioni e anche il rapporto genitori-figli è messo alla prova da svariate problematiche, la cui insorgenza e manifestazione assumono altrettante molteplici forme. A fronte di un cambiamento che costella la realtà quotidiana, costante resta la necessità di costruire un campo di comunicazione tra bambini/adolescenti e adulti perché ogni essere umano cerca di esprimersi con l'altro e risente delle difficoltà nel riuscirvi.

L'inadeguatezza di modalità e mezzi di espressione può ostacolare la relazione ed è per questo che risulta fondamentale sensibilizzare i genitori rispetto al disagio di un figlio così come indurli a interrogarsi su sè, sostenendo l'emergenza di un proprio discorso. Riconoscere una difficoltà, un sintomo, un disagio, consente ai genitori di individuare le esperienze strutturanti la crescita del proprio figlio, le quali mettono in crisi i precedenti equilibri ma, al contempo, favoriscono il processo evolutivo. “I genitori sono i primi a sapere, hanno soltanto bisogno di una conferma autorevole alla loro intuizione”, queste sono le parole di F. Dolto, che invita gli adulti a farsi carico della loro storia familiare. I professionisti di ESPRESSIONE aiutano i genitori che hanno difficoltà ad esprimersi, sostengono una riflessione sui possibili significati delle problematiche filiali e relazionali, incoraggiano a ripensare al proprio ruolo di ausiliari nello sviluppo del figlio, analizzano l'oggetto della domanda, causa a volte reale, altre apparente, del loro disorientamento e impedimento. Non si tratta di offrire soluzione predefinite o metodi educativi: la posizione terza dell'analista è funzionale a far circolare pensieri e affetti, liberando i membri della famiglia da una condizione speculare di dipendenza reciproca. L'ascolto, la parola e l'atto del professionista interrogano e analizzano la difficile condizione del genitore ma anche la non meno difficile condizione del figlio.


DISTURBI ALIMENTARI

Negli ultimi vent'anni anoressia, bulimia e obesità sono diventati fenomeni crescenti nella società occidentale, alla cui logica di consumo e di commercio di ideali, la persona tenta di sottrarsi o di opporsi attraverso i sintomi. Essi sono espressione di un profondo malessere, di un cortocircuito tra bisogno e desiderio, di una faglia nel rapporto con l'ideale e con l'Altro.

In particolare, se nell'anoressia c'è il tentativo di realizzare l'ideale del soggetto, nella bulimia ciò è ostacolato dalla continua irruzione del reale pulsionale. L'opposizione all'alienazione significante determina un vuoto che, nel primo caso, separa dall'Altro, nel secondo invece viene riempito ed eliminato per dimostrare l'inconsistenza dell'Altro.

Il “niente” generato dalla perdita di godimento costituisce ciò che viene mangiato dall'anoressica che, in tal modo, cerca di controllare il bisogno e di mantenere il desiderio ad uno stato liminare. Il vuoto simbolico diventa vuoto del corpo, nella ricerca di un'immagine ideale che non viene raggiunta.

Nella bulimia il tentativo di incontrare l'Altro si traduce in una dialettica patologica del vuoto, il quale viene riempito con l'oggetto cibo e, tramite le pratiche di eliminazione, nuovamente creato. C'è una soddisfazione del bisogno ma il vomito mette in evidenza che il cibo non è ciò che soddisfa, non ripara alla ferita narcisistica di qualcosa che è andato perduto.

L'approccio terapeutico di ESPRESSIONE non si limita agli aspetti direttamente legati al cibo né si appella alla cosiddetta forza di volontà perché, in tali patologie, il controllo delle condotte alimentari rappresenta un modo per difendersi dall'incontro con l'Altro, da legami affettivi e sociali avvertiti, inconsciamente, come un pericolo. È necessario accogliere il disagio della persona, ascoltare la sua sofferenza affinché questa possa passare da una manifestazione nel corpo ad un'espressione in parola. Si lavora sulla dialettica bisogno-desiderio, sull'immagine del corpo e sulle risorse utili a riattivare il legame con l'Altro in una condizione di benessere soggettivo.


DISTURBI DELLA SESSUALITÀ

Oggi i disturbi dell'area sessuale sono al centro di dibattiti e discipline che tentano di oggettivare un sapere che per secoli ha costituito uno dei più grandi tabù sociali. Nella società contemporanea, piuttosto, si assiste al tentativo di mercificare ciò che ha a che fare con il sessuale, come se la “riuscita” o il “fallimento” fossero oggetti a da estrarre su un mercato comune. Per quanti manuali possano esserci, non si può formulare un “cosa e come fare” perché la sessualità non è soltanto un atto, non è soltanto determinismo biologico ma riguarda la storia del soggetto, il desiderio e il godimento, il rapporto con l'Altro.

L'approccio alla sessuazione è diverso per l'uomo e per la donna così come lo è nel registro del desiderio rispetto a quello del godimento. Il desiderio è desiderio dell'Altro; il godimento non viene dall'implicazione dell'Altro. L'unione dei corpi non implica quella delle menti e tale scarto, attraverso il fantasma soggettivo, può far passare il godimento nel corpo. Godimento che, come insegna Lacan, è fallico per l'uomo,  localizzato nel corpo; è “al di là del fallo” per la donna, nella domanda d'amore. Proprio la differenza tra i sessi e la soggettività del fantasma definiscono la specificità dell'approccio psicoanalitico rispetto a quello comune della sessuologia. Quest'ultima propone formule generiche e generalizzabili, l'analista invece cerca la singolarità dello scarto, lavorando su ciò che cortocircuita il desiderio nel rapporto con l'Altro e, in particolare, nell'incontro sessuale con il partner. Inadeguatezza, imbarazzo, timore che “qualcosa non funzioni”, fallimento e altre emozioni e vissuti legati al sintomo troveranno una via di elaborazione e significazione affinché esso non costituisca un ostacolo per il soggetto.


MOBBING E STRESS LAVORO CORRELATO

Nella società contemporanea il cambiamento e l’autonomia non sono soltanto una scelta ma anche un obbligo generale. La logica del far da soli, uno per uno, ha sostituito i progetti comuni. La libertà di scelta varia in funzione delle possibilità economiche, costituendo il principale fattore di stratificazione sociale e di emarginazione delle persone. Nel discorso capitalista il godimento circola all’infinito, il desiderio diventa sempre più anonimo e ridotto alla possibilità di consumare oggetti, sogni, segni.

Lo stress lavoro correlato è  una condizione caratterizzata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica, sociale ed è conseguenza del fatto che la persona non si sente in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative nei suoi confronti.

Il mobbing trova collocazione nella valutazione dello stress lavoro correlato quale possibile fattore scatenante del rischio nell’ambito delle relazioni interpersonali.

La libera competizione non va confusa con un arbitrio di potere e il discorso etico, in qualsiasi campo del lavoro, implica il rispetto dei diritti e doveri personali e professionali.

I professionisti di ESPRESSIONE, attraverso l’accoglienza e l’attento ascolto della persona, aprono una strada per arrivare al discorso sociale. Si tratta di valutare, oltre la situazione oggettiva esposta e la motivazione cosciente, il significato della scelta professionale nella vita e nel legame sociale con l’Altro. La psicoanalisi mira ad orientare il soggetto a partire dalla sua particolare costruzione sintomatologica, che però non corrisponde né ad una diagnosi oggettiva né ad un malessere bensì alla soggettivazione del suo malessere.


STALKING E VIOLENZA SULLE DONNE

Fenomeno in crescente diffusione, lo stalking riguarda una serie di comportamenti tenuti da un individuo, definito stalker, nei confronti di un’altra persona, vittima di tali atti persecutori che generano nella sua vita quotidiana ansia e paura, compromettono il normale svolgimento della stessa, a causa della relazione forzata e controllante che si stabilisce tra i due. La modalità ripetuta nel tempo di queste condotte riassume in sè il loro significato e carattere persecutorio.

In particolare, nella società attuale sono sempre più numerose le violenze sulle donne, anche e soprattutto nella vita di coppia, compiute da giovani e adulti a scapito delle loro compagne. Purtroppo è un fenomeno in rapida crescita, sintomatico di un vero e proprio disagio esistenziale e psichico, effetto dell’incontro patologico con l’enigma della femminilità. Incontro che non può e non deve essere caratterizzato da un godimento senza limiti, inteso appunto come appropriazione totale dell’Altro, risultato di una rivendicazione di un diritto di proprietà assoluto, di vita e di morte. Non si può godere di tutto come accade nella violenza sessuale, non si può sapere tutto, succede così nella gelosia patologica, e infine non si può voler avere tutto, cosa che si verifica nel rapporto possessivo e nell’idealizzazione dell’altro. Nulla come la violenza sulle donne calpesta la “legge della parola”, il comandamento etico di ogni civiltà, secondo cui ciò che costituisce l’umano è l’esperienza del limite. E quando questo limite viene valicato non resta altro che distruzione, odio, rabbia, annientamento di sè e dell’altro, come in una sfida con se stessi che, in realtà, mette in evidenza quanto la soggettività sia fragile e conservatrice. Se questo limite può tradursi patologicamente in un agire violento da parte dell’uomo, per la donna si tratta spesso di viverne gli effetti in termini di colpa e vergogna che, a loro volta, mettono in scacco la parola. Ma il lavoro dell’analista è un lavoro di parole e bisogna capire che posto tali vissuti e affetti occupano nel fantasma femminile. Non sta alla psicoanalisi riscrivere il simbolico né tantomeno indicare la strada di un orizzonte simbolico a venire, ma sicuramente lo psicanalista può mettersi in posizione di causa di destrutturazione del simbolico per la donna, nel senso della messa in valore del suo carattere di sembiante in modo da causare bricolage, invenzioni inedite che le permettano di tenersi in un legame sociale, di sbrogliarsela in modo nuovo con quel reale che causa sofferenza.

CONTATTACI PER FISSARE UN APPUNTAMENTO

ZOOM

+393738058805

+390817901142

E-MAIL

WHATSAPP

LUN - VEN h. 9:00-13:00

LUN - VEN h. 9:00-20:00

LUN - VEN h. 9:00-20:00

LUN - VEN h. 9:00-20:00

LUN - VEN h. 9:00-20:00

(placeholder)
(placeholder)